Poi, iniziando a camminare, il tempo si dilata assieme - e a volte non troppo fortunosamente!! -  allo spazio e alle emozioni.

Appena partiti avevo purtroppo quell’aria saccente di chi ha già provato sulla propria pelle chilometri e kilometri di strada. L’atteggiamento di chi crede di sapere tutto e che non si lascia sorprendere da niente. Per fortuna la tramontana mi ha aiutato. Quel vento da nord ha spazzato via i pensieri. E allora ho iniziato ad apprezzare il sole che mi accarezzava le guance, – presa dalla poesia, mi sarei accorta la sera che connubio tramontana e sole a volte comporta un arrosto più che una carezza! – il verde del grano, gli ulivi, i prati cosparsi di fiori coloratissimi; il sapore incredibile del panino pomodoro e mozzarella mangiato per pranzo; il silenzio dei paesini deserti alle due di pomeriggio; gli ultimi kilometri che ti fanno percepire ogni fibra del tuo corpo, anche dopo che ti sei fermato…

E proprio alla fine della prima tappa, mi sono ricordata di cosa mi aveva insegnato il cammino e perché per me era stato bellissimo. Non si trattava né del posto, né delle persone, né della fatica. Si trattava di me. Di come io prendo e mi lascio prendere dalle cose. A volte non ci accorgiamo proprio di quanto la nostra vita sia influenzata dalle scelte e dal modo di vivere degli altri. In questo modo, immersi in una società che a volte non riconosciamo neppure, di cui a volte ci sentiamo completamente estranei, ma dalla quale non riusciamo a tirarcene fuori, abbiamo bisogno di cose semplici come camminare; incontrare gente e parlare con loro senza pregiudizi, ma solo per il piacere di condividere un’esperienza; fare fatica per riappropriarci della bontà di un semplice panino invece di cercare i piatti demolecolarizzati degli chef più in voga; di quanto sia piacevole togliersi lo zaino e gli scarponcini e poi lasciarsi coccolare da un po’ d’acqua calda.

In qualche giorno ho riassaporato i momenti più belli del cammino e alla fine della giornata, anche se avevo una quantità sbalorditiva di vesciche sui piedi, perché avevo sbagliato scarpe e calzini (…proprio io, sì) cantavo felice. Contenta e soddisfatta di essermi ricordata di quanto poco serva per stare bene, veramente bene.